“Per la prima volta in Italia nove Consigli Regionali sono riusciti, dopo aver depositato le firme necessarie, ad indire il voto popolare.
Molte le tesi che sono circolate spaziando dall’inquinamento, agli affari, ai rischi occupazionali ma non sono stati delineati i principi fondamentali del referendum.
Innanzitutto è opportuno fare una premessa: si tratta di uno strumento democraticamente elevato attraverso il quale gli elettori possono esprimere il loro dissenso o assenso in merito ad una tema specifico il cui esito referendario rappresenta una fonte primaria del diritto che vincola i legislatori al rispetto della volontà del popolo.
Detto ciò il prossimo 17 aprile saremo chiamati a votare per il referendum sulle trivellazioni in mare esprimendo la nostra opinione riguardo lo sfruttamento del petrolio al largo delle coste italiane. Questa è l’occasione per affermare che il valore ambientale, sociale, agricolo e turistico del nostro territorio non può essere messo in pericolo dai favoritismi che l’attuale Governo vorrebbe continuare a concedere alle compagnie petrolifere. Tutto questo è nettamente in contrasto con la linea che, chi ci governa, intende perseguire e che paventa la volontà di voler fare la sua parte a livello internazionale per affrontare la questione dei cambiamenti climatici e della dipendenza dalle fonti di energia fossile per far arricchire le solite Lobby.
Gli italiani sono chiamati a decidere se i permessi per effettuare le estrazioni degli idrocarburi in mare entro le 12 miglia dalla costa, ossia più o meno a 20 chilometri da terra, debbano durare fino all’esaurimento del giacimento , come avviene ora, oppure fino al termine della concessione.
Per semplificare in caso di esito positivo una volta scaduta la concessione le piattaforme situate entro le 12 miglia dalla costa dovranno essere smantellate per impedire cosi lo sfruttamento di gas o petrolio presente sotto i fondali.
Tutto questo non andrà ad incidere sulle strutture presenti oltre le 12 miglia che continueranno nelle loro attività.
A parte ogni considerazione riteniamo che ognuno di noi è chiamato ad esprimere la propria opinione sul tema specifico nel rispetto della problematica e della costituzionalità dello strumento pertanto un’eventuale astensionismo svilirebbe la valenza referendaria stessa.
Tuttavia è bene chiarire che il referendum interessa direttamente solo diciassette concessioni da cui si estrae appena il 2,1% dei consumi nazionali di gas e lo 0,8% di quello petrolio gas, una percentuale minimale a cui si potrebbe sopperire, in caso di vittoria del si, con un minimo di risparmio energetico assumendo un atteggiamento parsimonioso ed oculato evitando sprechi energetici.
Per quanto riguarda i paventati rischi occupazionali non si verificherà lo stop immediato delle trivellazioni che, come preannunciato, continueranno nella loro attività fino allo scadere della concessioni senza mettere in pericolo il fabbisogno nazionale e i posti di lavoro considerando che la maggior parte dei tecnici specializzati sono stranieri la cui collaborazione scadrebbe al termine del contratto.
Come dichiara lo scrittore Erri De Luca “votare Sì al referendum sulle trivelle (ovvero no alle concessioni future, ndr) serve per “dare un risarcimento a noi stessi, alle nostre capacità di ribellione” ribelliamoci ad un paese, come lui stesso lo definisce, “sotto anestesia dove i giovani nascono già vecchi”” così la nota stampa di Roberta Sconci, ufficio stampa della comunità ciampinese Lab.Live sul referendum del 17 aprile sulle Trivelle.