Riconoscimento stati sovrani nella comunità internazionale

Tanti potenziali scenari di guerra in tutto il mondo. L'approfondimento di Domenico Parisi

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Chi stabilisce la sovranità e l’esistenza di uno stato?

 

Punto di partenza

In questo momento storico l’ombra di una nuova guerra mondiale incombe minacciosa sul pianeta. Ognuno, con ragioni e modalità diverse, tenta di screditare gli altri contendenti e di avvantaggiarsi economicamente ma non solo. Il fulcro della contesa è l’Ucraina e una delle ipotesi per la risoluzione del conflitto è la possibilità di dividerla in 2 stati. Se volessimo giocare con i nomi, potremmo chiamarli Ucraina dell’Ovest (la parte più occidentale, con caratteristiche che più si avvicinano alla democrazia) e Ucraina dell’Est o Bieloucraina (per dar spazio alla fantasia, la parte più ad est e confinante con la Russia, una zona con tratti filorussi). È di febbraio la notizia che Putin ha riconosciuto le repubbliche separatiste di Luganks e Donetsk (che si trovano sul confine est con la Russia). Ma come si potrebbe perseguire la divisione dell’Ucraina e come Putin ha potuto fare l’annuncio sul Donbass?

 

Regole per il riconoscimento: la Convenzione di Montevideo

Che siano spinte indipendentiste, golpe militari o negoziazioni tra stati, per raggiungere un accordo e dar vita ad una nuova nazione riconosciuta dalla comunità internazionale, è necessario utilizzare un metodo, un criterio. Ci dobbiamo appellare alla Convenzione di Montevideo sui diritti e i doveri degli Stati, firmata in Uruguay nel 1933 (questa convenzione è un dispositivo del Diritto Internazionale). L’articolo 1 di questo trattato recita che si può qualificare una nazione come stato di Diritto Internazionale quella che: abbia una popolazione permanente, un territorio definito, un governo e sia in grado di intrattenere rapporti con gli altri stati (l’ultimo punto è ambiguo siccome non esiste un criterio quantitativo su quale sia un numero minimo di stati con cui avere relazioni, né qualitativo facendo riferimento a personale diplomatico. La politica internazionale di oggi è soggetta ad innumerevoli attori che, tra le altre cose, si relazionano con altri stati; basti pensare al fenomeno della globalizzazione che non può essere ridotto alla mera economia). Se volessimo identificare una zona franca, possiamo prendere in considerazione l’Antartide, un continente con confini definiti ma senza una popolazione stanziale né un governo (qui parlo del ruolo geopolitico dell’Antartide). Gli articoli 4 e 5 sono stati pensati in virtù dei diritti e doveri reciproci di cui godono gli stati. Si evidenzia come tutte le nazioni siano giuridicamente uguali, godano degli stessi diritti e questi non siano suscettibili nella maniera più assoluta di poter essere influenzati dall’esterno (ciò è previsto dall’articolo 8). L’articolo 4, ancora, parla di autodeterminazione di uno stato che è tale come effetto dell’esistenza stessa e i diritti statuali sono indipendenti dalla forza in possesso di uno stato, forza intesa come quella necessaria per assicurarli. Si fa riferimento anche alla preservazione e perseguimento della pace tra nazioni, come esplicitato dell’articolo 10, in cui questa è vista come un interesse primario e come eventuali differenze tra stati debbano essere risolte attraverso metodi pacifici.

 

Ci sono altri articoli importanti che offrono una chiave di lettura maggiormente specifica sul riconoscimento tra le nazioni. La prima affermazione dell’articolo 3 dice che l’esistenza politica di ogni stato è indipendente dal riconoscimento di altre nazioni. Con ciò possiamo ragionevolmente pensare che esistano stati che non sono riconosciuti da altri, ma soddisfano i criteri necessari per essere considerati tali. Ancora l’articolo 3 informa che gli stati hanno diritto a difendere la propria integrità e indipendenza. L’articolo 6 in maniera più incisiva afferma che il riconoscimento di uno stato, altro non è che l’accettazione della sua personalità, con tutti i diritti e doveri previsti dal Diritto Internazionale. Alla domanda “Come può avvenire il riconoscimento reciproco?”, risponde l’articolo 7 dichiarando che può essere tacito o espresso. Il riconoscimento (di cui ogni stato ne può fare uso liberamente) è un atto politico di volontà unilaterale. Sta poi alle altre nazioni stabilire se riconoscerle come tali o meno. Il dispositivo del riconoscimento è il preludio per le future relazioni diplomatiche. Paragonando la comunità internazionale nella sua interezza ad una grande famiglia in cui regna il caos (i numerosi conflitti tra paesi ne sono un segno), esistono figli che non riconoscono i genitori e viceversa. Ebbene, ciò accade anche sul pianeta terra tra gli stati.

 

Alcuni esempi

Il caso più eclatante (ed unico) è quello del Somaliland. Questo stato, autoproclamatosi indipendente nel 1991, è l’unica nazione non riconosciuta da nessuno stato. Ad oggi intrattiene relazioni con UE e Regno Unito ma ci sono resistenze affinché non venga riconosciuto come stato sovrano. Sembra che le maggiori riserve siano dovute al fatto che riconoscerlo potrebbe indurre altre regioni secessioniste a fare lo stesso, come già accaduto tra Etiopia ed Eritrea, Sudan e Sud Sudan.

Il caso del riconoscimento di Israele rispecchia quasi totalmente gli schieramenti nell’ambito del conflitto israelo-palestinese, siccome molte nazioni arabe, ma non tutte, non lo riconoscono. Alcune sono Pakistan, Iran, Iraq, Siria, Libia, Afghanistan, Kuwait, Somalia. Una linea diversa è stata intrapresa da Egitto e Giordania, le quali hanno invece stipulato trattati di pace separati.

C’è poi il caso delle due Coree. Non si è stabilito un riconoscimento reciproco e permane quindi la divisione nata dalla richiesta degli USA all’URSS di non avanzare oltre il 38° parallelo nord, all’indomani della dichiarazione di guerra dell’URSS al Giappone. Questa situazione è uno dei residui della Guerra Fredda. Mentre la parte sud della penisola è più vicina ai valori del liberalismo, della pace ed è anticomunista, la parte nord vede susseguirsi continui test missilistici nel Mar del Giappone, con continua apprensione degli attori internazionali.

Altra circostanza possibile è quella in cui una nazione sia riconosciuta solamente da non membri ONU. Parliamo della Transnistria, riconosciuta da Abcasia e Ossezia del Sud, ma considerata parte integrante della Moldavia dal resto del mondo. La Transnistria è a tutti gli effetti una Repubblica autoproclamatasi indipendente nel 1990. Un simile destino è quello della Repubblica del Nagorno Karabakh, autoproclamatasi indipendente dall’Azerbaijan nel 1990 e riconosciuta da Abcasia e Ossezia del Sud.

Molti altri sono i casi ancora aperti: Kosovo, Sahara Occidentale, Taiwan e la Palestina. Il filo comune a queste contese sono le dispute territoriali tra chi rivendica la sovranità su quel lembo di terra e l’esigenza d’indipendenza di chi ci vive.

 

Conclusioni

La definizione territoriale dei confini è un costrutto umano. È frutto di scontri secolari, di dominio e sottomissione, di frammentazione e dissoluzione, di trattati e dichiarazioni di guerra. In molti casi accade che ci si trovi a vivere in un territorio senza riconoscersi nello stile di vita che si segue, e così nascono necessità di definizione di un luogo dove sentirsi al sicuro, dove potersi esprimere senza timori, dove incontrare persone che pensano come te, si muovono come te, parlano come te, che come te condividono tradizioni, religione e istituzioni. Cosa ci sarebbe di male nel dar sfogo e rispondere all’istinto umano di autoconservazione attraverso la ricerca di una condizione più stabile, di pace ed armonia? Quando la paura si irradia in una persona, questa cercherà riparo altrove, distante da influenze negative. Solitamente la singola persona cerca riparo nella propria famiglia. Così le spinte indipendentiste cercano riparo in una comunità che meglio rappresenti i propri valori culturali. Ne sono un esempio calzante l’ex Jugoslavia e lo spazio post sovietico. Altro esempio, ma più datato, è quello dell’Impero Ottomano in cui la varietà di etnie che si obbligava a convivere non ha mai prodotto il risultato sperato. Nella stessa Europa, sono di questi giorni i conflitti in Corsica innescati dai separatisti. Sempre attuale resta la spina nel fianco della Spagna, la Catalogna. Rimanendo nei confini italiani, c’è una parte degli abitanti del Trentino Alto Adige che si sente più “tedesco, austriaco, anglofono” che non italiano. I confini sono solo linee che delimitano un pezzo di terra all’interno del quale accade di tutto. È probabile che nuove nazioni nasceranno, più di non quanto sia possibile che decidano in maniera pacifica di unirsi. Maggiore è l’omogeneità culturale e valoriale, più sarà difficile che spinte secessioniste possano avere la meglio. Intanto, le relazioni internazionali si arricchiscono così di nuova linfa, nuovi intrecci, cambi di sponda, riconoscimenti e interruzioni dei rapporti. Nulla è certo, nulla è al sicuro, tutto si trasforma ma resta pur sempre un costrutto umano che si modella continuamente.