Rocca Priora, intervista a Filippo Fordellone di La Voce nuova

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Filippo Fordellone
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Filippo Fordellone

Rocca Priora,  intervistiamo nel suo poliambulatorio il Dottor Filippo Fordellone, professionista nella disciplina odontoiatrica. Impegnato da anni in progetti socio sanitari, sia su scala internazionale sia nel territorio dei Castelli Romani, per il miglioramento dei servizi offerti al cittadino, la formazione e la prevenzione nei confronti di patologie complesse come il gioco d’azzardo patologico.  Il Dottor Fordellone ha ufficializzato il suo impegno in politica, per le comunali di Rocca Priora nelle fila della lista civica “la Voce nuova” che candida Gianluca Mastrella a Sindaco del paese.

Dottor Fordellone lei è conosciuto a Rocca Priora soprattutto in virtù della sua professione e non tutti conoscono le molteplici attività che svolge e promuove. Ci vuole parlare del suo lavoro?
“Oltre ad essere un libero professionista nella disciplina odontoiatrica con varie progettualità lanciate sul territorio laziale sono responsabile nazionale per “La Fondazione”; centro di formazione sanitaria per medici e professionisti del settore.
Ho un impegno anche all’interno dell’Ordine dei Medici di Roma in tre commissioni, la Commissione Formazione, che rispecchia una mission già affrontata con “La Fondazione” ma anche una passione personale; la Commissione Cultura e infine, per quanto riguarda gli odontoiatri, la Commissione qualità Cure in Stomatologia Oncologica, rivolta ai malati terminali, ovvero tutte quelle persone che per vicissitudini legate allo stato di non salute, devono ricevere cure odontoiatriche adeguate”.

Recentemente ha ricevuto anche la nomina a cavaliere del lavoro per meriti socio sanitari.
“Si, ho ricevuto questa nomina in virtù dei tanti progetti in cui mi sono impegnato, in particolare un progetto del 2004-2005 in cui, grazie ad una join venture con altri professionisti, abbiamo sviluppato un lavoro rivolto ai paesi dell’africa sub sahariana (Nigeria e Cameroon). Nello specifico siamo intervenuti in una serie di villaggi rurali dove siamo riusciti a portare un’assistenza sanitaria convenzionata, sul modello italiano”.

Quale è invece il suo impegno sul territorio, a quali progetti ha lavorato?
“Dal 2000 porto avanti una serie di iniziative sul territorio dei castelli romani, iniziative che hanno coinvolto sia professionisti di alto livello del campo socio sanitario, sia la popolazione. Con il gruppo di colleghi con cui mi interfaccio regolarmente abbiamo deciso di affrontare l’incidenza di determinate patologie relativamente al territorio in cui lavoriamo. Su questo argomento posso citare una serie di progetti come quello sul valore della dieta mediterranea, come si sposa con le abitudini alimentari del territorio, oppure il lavoro che abbiamo svolto sulle patologie tiroidee o le patologie renali che sono molto frequenti nel bacino di Rocca Priora”.

Per quanto riguarda la formazione e la prevenzione lei si occupa anche di patologie che riguardano il gioco d’azzardo; quali iniziative ha promosso in questo senso?
“Sono impegnato da tempo in progetti che riguardano la GAP (Gioco d’azzardo patologico), che prima si usava chiamare “Ludopatia”. In virtù di questa tematica il 27 del mese scorso è stata fatta una conferenza nell’aula del Senato che ha visto coinvolti oltre La Fondazione e quindi il sottoscritto, anche i rappresentanti di tutti i casinò d’Italia con cui è nata una proposta progettuale che prevede la programmazione di corsi di formazione per i ludopatici e per il personale delle case da gioco.
Questo è un progetto molto importante, alla conferenza era presente anche il vice dirigente della squadra mobile di Roma che ha fornito dei dati molto preoccupanti sia sull’aumento del gioco d’azzardo ma anche sull’infiltrazione criminale in questo settore.
Un dato da brividi, che ci riguarda molto da vicino, racconta come nel 2013 nella regione Lazio, ogni cittadino (neonati compresi) ha “investito” 1300 euro a persona per il gioco.
Una tendenza in forte aumento rispetto al passato, basti pensare che il gioco d’azzardo in Italia è la terza azienda in termini di produzione del Pil”.

Lei è in prima fila anche per quanto riguarda la sanità transfrontaliera, di cosa si tratta e come è cambiata la normativa a riguardo?
“Da ottobre dello scorso anno è possibile prevedere di curarsi in uno qualunque degli stati membri della Comunità Europea, attribuendo poi i costi della prestazione eseguita nella regione di residenza attraverso il servizio sanitario nazionale. Da questa normativa sono escluse le vaccinazioni e i grossi interventi oncologici”.

Oltre ad essere un servizio per i cittadini, questa iniziativa può aiutare anche i professionisti del settore?

“Diciamo che è un’arma a doppio taglio, se ragioniamo da europeisti questa normativa può essere utile, perché ottenere le autorizzazioni per esercitare la professione negli stati membri è molto semplice; cosa che purtroppo contrasta nettamente con la situazione della Regione Lazio, dove per aprire una struttura socio sanitaria bisogna superare mille impedimenti burocratici”.

Nello specifico per quanto riguarda la professione odontoiatrica cosa potrebbe cambiare?

“Sempre più spesso si sente parlare di viaggi organizzati all’estero per usufruire di prestazioni odontoiatriche a prezzi molto competitivi, ma bisogna considerare una serie di fattori; anzitutto il problema fiscale, qui abbiamo una tassazione molto alta che altrove è quasi del tutto assente, ma anche che vengano rispettate le norme di qualità minima che riguardano i materiali utilizzati per le protesi.

C’è poi una questione che riguarda i costi di gestione della professione, se facciamo l’esempio con la Croazia ci rendiamo conto della enorme differenza che c’è per i costi d’affitto e del personale.
Questa iniziativa quindi ci potrebbe aiutare a trovare un comune denominatore che permetta da una parte e dall’altra dell’Europa di raggiungere degli standard minimi di qualità e tutela per tutti.
In questo momento di crisi profonda bisognerebbe mettere a punto un listino minimo applicabile e creare un manuale procedurale per stabilire dei criteri comuni a tutti gli stati membri”.

Come si potrebbe migliorare il servizio sanitario?
“Ci sono sicuramente delle nuove progettualità sanitarie che si potrebbero mettere in campo e che sono già pronte e disponibili per le istituzioni, qualora le volessero prendere in considerazione.
Ovviamente sono discorsi su cui fornisco soltanto dei piccoli dettagli, perché essendo un lavoro che porto avanti da tempo gradirei avere un’interlocuzione ufficiale con chi di dovere. Ma, ad esempio, ci sono delle progettualità che potrebbero regolamentare l’afflusso delle prestazioni e sono collegate al reddito del paziente. Un’altra progettualità riguarda l’assistenza sanitaria domiciliare con una proposta per favorire l’inserimento di nuovi professionisti nel mondo del lavoro”.

Oggi la parola d’ordine è spending review, il settore sanitario come sappiamo ha costi molto elevati, secondo la sua esperienza come si può intervenire?
“È un argomento molto vasto e complesso, io mi limiterei a fare delle considerazioni per quanto riguarda l’assistenza ambulatoriale, senza andare a toccare il comparto ospedaliero. Le regole e le possibilità per risanare ci sono. È chiaro che anche la politica deve mettere in campo un po’ di energie e iniziative. Non sarà facile risollevare le sorti della sanità pubblica, io personalmente vedo sempre più percorribile una strada che preveda una sanità non privata ma di tipo misto.
Bisognerebbe poi tutelare i professionisti. È infatti diventato un luogo comune denunciare i professionisti e anche quando viene dimostrata l’infondatezza della denuncia il professionista ne viene danneggiato mentre il paziente non ha conseguenze.
Bisogna considerare che la medicina non è standardizzabile e ogni caso può avere risposte terapeutiche molto diverse”.

Nel campo odontoiatrico dove si dovrebbe intervenire?
“La burocrazia e la fiscalità sono gli handicap più importanti della nostra professione. Si potrebbe raggiungere con le istituzioni un accordo per abbassare le tariffe odontoiatriche, soprattutto per le persone a basso reddito, ma a fronte di questo bisognerebbe rivedere la fiscalità applicata alla professione.  Troppo spesso combattiamo con importanti tagli alla sanità e con un atteggiamento da parte delle istituzioni che ci considera come delle macchine erogatrici di prestazioni e non come professionisti che hanno a cuore la salute del paziente.”