Sanità, boom della falloplastica

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Fonte: Agenzia di stampa DIRE (www.dire.it)

Nell’ambito dell’andrologia il pene e’ l’organo che piu’ spesso viene sottoposto a intervento. E, parlando di chirurgia estetica del pene, la richiesta in assoluto piu’ frequente da parte dei pazienti e’ sempre la stessa: aumentare le dimensioni. Quello che stupisce, pero’, e’ che a spingere gli uomini a rivolgersi al chirurgo estetico, per cercare di conquistare qualche centimetro in piu’, sia la cosiddetta ‘sindrome da spogliatoio’. Legata al timore del confronto con i propri amici piuttosto che ad una reale difficolta’, per esempio, a penetrare la partner. La maggior parte delle richieste vanno cosi’ nella direzione di un intervento chirurgico teso all’allungamento o ingrandimento del pene in ‘posizione di riposo’, cioe’ non in erezione. Ma per saperne di piu’ la Dire ha intervistato Giorgio Franco, presidente Sia (Societa’ italiana di Andrologia).

Falloplastica e dimensioni del pene: qual e’ la misura a cui si tende?
“La risposta e’ abbastanza ovvia: la misura a cui si tende e’ sempre una misura ‘oversize’. D’altronde nell’immaginario collettivo, com’e’ noto, piu’ grosso e’, e meglio e’! La tendenza alla richiesta viene spesso da soggetti che in effetti hanno delle dimensioni ai limiti inferiori della norma, anche se in realta’ buona parte dei pazienti si rivolge al chirurgo perche’ affetta da ‘dismorfofobia’, ovvero da un problema psicologico per cui non si e’ contenti dell’aspetto o delle dimensioni di alcune parti del proprio corpo. Tornando alle misure, non c’e’ una richiesta in particolare, purche’ venga incrementata”.

– Che cos’e’ la ‘sindrome da spogliatoio’?
“Molto spesso gli uomini si confrontano con gli amici sotto la doccia e ritengono di avere un pene sottodimensionato; e’ per questo, allora, che si rivolgono all’andrologo, per cercare un rimedio per aumentare le dimensioni. A tale riguardo bisogna sottolineare una cosa: la maggior parte dei pazienti, proprio perche’ affetta dalla ‘sindrome da spogliatoio’, richiede un allungamento o ingrandimento del pene in ‘posizione di riposo’ e non in erezione. Quella che sembra essere la preoccupazione maggiore per gli uomini, dunque, e’ semplicemente fare ‘bella figura’ di fronte ad altri uomini. Nulla a che vedere insomma con un discorso piu’ funzionale, di difficolta’ legata magari all’ambito del rapporto sessuale”.

– C’e’ differenza tra i due interventi?
“Sono completamente diversi: nel caso di un ingrandimento delle dimensioni del pene a riposo l’intervento e’ relativamente piu’ facile e meno invasivo; nel caso invece di un aumento delle dimensioni del pene in erezione, l’intervento e’ piu’ complesso e demolitivo perche’ si va ad agire sul tessuto cavernoso, che e’ addetto all’erezione, con un rischio di disfunzione erettile. Per questo motivo la richiesta di ingrandimento in erezione e’ spesso associata anche al posizionamento di una protesi peniena, che possa garantire appunto l’erezione”.

– Quanto deve misurare in media un pene?
“Questo e’ un discorso geografico. Parlando di razza caucasica, nello specifico di bianco italiano, ci sono diversi studi che parlano di una dimensione media del pene a riposo intorno ai 9 centimetri. Mentre per il pene in erezione, che di solito viene misurato facendo uno stretching dello stesso, in questo caso la media si aggira intorno ai 12-13 centimetri. Ovviamente ci sono poi le deviazioni standard, uno strumento che noi usiamo molto per rassicurare i pazienti quando gli misuriamo il pene in ambulatorio, facendogli vedere come nell’ambito del grafico della popolazione italiana rientrino perfettamente nella norma. Diciamo che in linea di massima i casi che richiederebbero un intervento di ingrandimento del pene, perche’ le dimensioni sono in effetti sotto due deviazioni standard, sono molto, molto pochi”.

– Quando si deve intervenire chirurgicamente?
“Il paziente che deve sottoporsi a intervento e’ quello che ha problemi funzionali e non riesce a penetrare la partner. Questo succede piu’ facilmente nei soggetti obesi che abbiano un pannicolo adiposo addominale molto pronunciato. In questo caso spesso il pene c’e’, ed e’ anche di dimensioni giuste, ma e’ in qualche modo affondato nel grasso pubico e quindi non esce molto fuori. È chiaro che a questi pazienti il consiglio migliore che si puo’ dare e’ di dimagrire, perche’ gia’ quello basterebbe. In altri casi si fanno interventi di liposuzione oppure di chirurgia plastica per cercare di allungare la parte che sporge del pene, andando a togliere un po’ di grasso”.

– Esiste il rischio di infezioni?
“Qui entriamo in un campo minato. Intanto esiste una differenza enorme tra chirurgia plastica per il sesso femminile, che per lo piu’ porta a risultati esteticamente ottimali, e chirurgia plastica per il sesso maschile. In quest’ultimo caso, specialmente quando si tratta di andare ad ingrandire un organo cosi’ complesso come il pene, i risultati non sono sempre cosi’ buoni. Alcune volte c’e’ il rischio di avere un effetto estetico quasi peggiore della situazione di partenza, senza contare che l’utilizzo di sostanze iniettabili puo’ portare a rigetti e infezioni anche gravi, che possono causare persino delle necrosi. Insomma, i rischi non sono pochi e un buon esito non e’ poi cosi’ garantito. Motivo per il quale buona parte degli andrologi, salvo ovviamente i casi che necessitano, sconsigliano questo tipo di
intervento”.

– L’insicurezza dell’uomo a volte sembra essere sfruttata dal mercato della chirurgia estetica… Qual e’ il suo parere?
“Fatto salvo che la maggior parte dei casi secondo me non dovrebbe essere operata, e che per lo piu’ le richieste dei pazienti sono ingiustificate, ritengo che in Italia, cosi’ come in altri paesi, ci sia un fortissimo retaggio culturale, talvolta sfruttato dal mercato, riguardo alle dimensioni del pene e soprattutto all’accettazione del sesso femminile per il pene di maggiori o minori dimensioni. In realta’ anche su questo argomento ci sono studi scientifici abbastanza interessanti, che dimostrano il contrario: l’80% delle donne ritiene che la lunghezza del pene non abbia importanza, mentre solo il 20% che l’abbia; il 70% che il calibro del pene non abbia importanza, mentre il 30% che l’abbia. Insomma, i dati parlano abbastanza chiaro: le donne non sono per lo piu’ interessate alle dimensioni
del pene”.

– Un’ultima domanda sui transgender: troppo spesso nel nostro Paese chi deve cambiar sesso affronta un’odissea anche in sala operatoria. Tanto che un gruppo di pazienti ha fatto causa al Sistema sanitario nazionale… Cosa ne pensa?
“Non sono affatto d’accordo. Mi spiego: e’ vero che l’Italia e’ arrivata a questo tipo di interventi un po’ dopo rispetto ad altre nazioni, ma nel nostro Paese ci sono ormai sei o sette citta’ con centri specializzati che li fanno di routine con ottimi risultati. Detto questo, esiste una differenza notevole tra la conversione androginoide, cioe’ da uomo a donna, rispetto a quella ginoandroide, cioe’ da donna a uomo. È chiaro che l’intervento da donna a uomo ha un risultato estetico piu’ difficile: si tratta infatti di costruire un pene nuovo ricavandolo da un lembo addominale o dell’avambraccio, che chiaramente non puo’ avere una funzione, quindi bisognera’ impiantare anche una protesi al suo interno. Per quanto riguarda l’androginoide, invece, devo dire che i risultati sono molto buoni e in alcuni casi c’e’ persino una certa difficolta’ a riconoscere che sono stati operati. Quanto al gruppo di pazienti che mi citava, puo’ essere che abbiano incontrato delle difficolta’, ma come d’altronde puo’ accadere per tanti interventi di altro tipo in Italia. Certo, cambiare sesso non e’ un gioco da ragazzi, e posso immaginare che ci siano problemi dal punto di vista burocratico, legale, psicologico e di liste d’attesa che rallentano il processo, con una certa difficolta’ del sistema sanitario nazionale a far fronte a tutte queste richieste”.