Sicurezza, violenza e discriminazioni sono problemi di tutti

Scendiamo in piazza ad Albano Laziale venerdì 12 Ottobre per dire si alla sicurezza, no alla violenza e alle discriminazioni verso i più deboli

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Locandina realizzata da Claudia Moretta

Una donna uccisa con un colpo di pistola dal suo ex marito, una 17enne denuncia maltrattamenti in casa perché scoperta essere omosessuale dai genitori, una liceale uccisa dalla madre poi suicida, una donna costretta a prostituirsi dalla famiglia della sua migliore amica, nonché vicina di casa. Sono episodi di cronaca nera di cui siamo abituati a sentirne distrattamente i racconti nei rotocalchi televisivi, tra un gossip e l’altro, invece sono fatti accaduti nella nostra città, ad Albano Laziale.

Senza addentrarci negli aspetti giudiziari e cronachistici delle vicende, non possiamo tacere un filo conduttore che lega questi episodi tra loro, e tanti altri simili che accadono quotidianamente, magari senza sfociare nel dramma, restando nell’ombra e nel silenzio, quasi fossero parte della normalità.

Quel filo conduttore sta nel teatro dove tali atti si consumano e le loro vittime: il teatro sono le mura domestiche, le vittime i soggetti più deboli di questa società: donne e minori. I protagonisti in negativo, sovente nelle vesti di carnefici, sono gli stessi componenti della famiglia o figure limitrofe ad essa.

Albano non fa eccezione rispetto al resto d’Italia, se è vero come è vero che circa il 90% dei reati violenti si consumano all’interno delle mura domestiche, commessi da figure di riferimento verso cui le difese delle vittime sono quasi sempre abbassate.

Come è possibile che cifre così significative non corrispondano ad un vero dibattito pubblico attorno alla reale condizione delle famiglie e dei rapporti tra persone? Come è possibile che si parli di violenza e discriminazioni contro i soggetti deboli della società solo sotto la lente, a volte piuttosto morbosa, della cronaca nera , e non analizzando un fenomeno sociale in continua espanzione?

La sicurezza è un valore, da coltivare e preservare, tra i beni primari che garantiscono la libertà, personale e collettiva: ma non può esistere se non si parte tutelando la sicurezza dentro casa nostra, rispetto anche alle figure che dovrebbero per prima proteggere chi è indifeso e che spesso si trasformano in aguzzini.

La questione non è di ordine pubblico ma di ordine sociale. Ci troviamo davanti ad un corto circuito sociale che sta vedendo infrangere tutti i tradizionali riferimenti, valoriali ed educativi, per cui intere generazioni hanno perso il legame tra loro, attraverso cui dare continuità al senso comunitario del vivere insieme.

I rapporti uomo-donna, genitori-figli, giovani-adulti, sembrano vivere in conflitto perché l’affermazione individuale possa esistere soltanto contro quella dell’altro e non in comune con l’altro, e più la propria affermazione non arriva più aumentano rabbia e insoddisfazione, da sfogarsi contro il più debole che capita a tiro, individuato quale capro espiatorio del proprio stato.

Si stanno perdendo i codici di linguaggio comuni a comprendersi, perché la stessa comunicazione ha cambiato la società, facendosi essa stessa ascensore sociale, basato non sull’essere, sul sapere e sul saper fare, ma sull’apparire e sull’esserci ad ogni costo.

Come sempre accade, il primo ambito su cui si sfogano simili mutamenti sociali è quello afferente il rapporto, personale e collettivo con la sessualità. Esso è il primo segno di cambiamento del giudizio e dell’accettazione sociale, da li nascono tutti gli altri conflitti. La figura femminile è al centro di tutto, specialmente se in giovane età.

Noi siamo semplici operatori della comunicazione, osserviamo limitatamente agli strumenti cognitivi in possesso, il panorama che raccontiamo e viviamo quotidianamente: non pensiamo di avere risposte risolutive, ne ricette magiche, ma registriamo una sottovalutazione del problema, una incapacità della società di raccontarlo e renderlo dibattito pubblico. Lo si accetta, in certi casi se ne fa caricatura, senza parlarne, per vergogna, per disinteresse, perché come sempre tutto ciò che non si spiega lo si considera deviante, isolato, impossibile accada a noi o vicino a noi.

Per questo abbiamo sentito il dovere di invertire la tendenza, nel nostro piccolissimo, rendendo fatti di cronaca una occasione per stimolare un dibattito pubblico. Abbiamo scelto di farlo in piazza perché la piazza è storicamente il luogo della democrazia dove si discutono i fatti ed i problemi di tutti, perché la sicurezza, la violenza e le discriminazioni sono problemi di tutti e non di poche minoranze.

Abbiamo inteso lanciare un appello alla partecipazione rivolto a tutti: rappresentanti istituzionali, associazioni, singoli cittadini, affinchè ognuno che voglia possa portare e condividere pubblicamente la propria riflessione, la propria esperienza, che metta in luce alcuni diversi aspetti di un mutamento sociale che per essere affrontato, in prima istanza va portato alla luce. Donne, uomini, giovani e meno giovani, l’appuntamento è per venerdì 12 Ottobre in Piazza Vittime del Bombardamento di Propaganda Fide ad Albano Laziale., lungo corso Matteotti.

di Andrea Titti