Smartworking e Dad, così in un anno sono cambiati lavoro e istruzione

Il 2020, che sarà ricordato come l'anno della pandemia, ha portato numerosi cambiamenti nelle abitudini lavorative e sociali. Smartworking e DAD sono diventate le nuove parole chiave del lavoro e dell'istruzione e hanno sicuramente evidenziato pregi e difetti della situazione sociale in Italia.

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Smartworking e Dad, così in un anno sono cambiati lavoro e istruzione

Il 2020, che sarà ricordato come l’anno della pandemia, ha portato numerosi cambiamenti nelle abitudini lavorative e sociali. Smartworking e DAD sono diventate le nuove parole chiave del lavoro e dell’istruzione e hanno sicuramente evidenziato pregi e difetti della situazione sociale in Italia.

I punti critici

La Didattica a Distanza ha evidenziato la mancata predisposizione tecnologica delle infrastrutture e la preparazione inadeguata dei docenti nell’utilizzo della tecnologia. Ciò ha creato dei disagi all’inizio della pandemia con ritardi nell’attivazione della DAD e ha ulteriormente esteso la distanza sociale tra gli abitanti. Secondo i dati Istat 2020 infatti l’8% degli studenti non ha avuto accesso alla DAD e di questi il 23% è costituito da studenti disabili, che hanno rinunciato ad oltre un anno di istruzione. Questo avrà delle ripercussioni importanti sul futuro di questi alunni, che sentiranno in maniera più accentuata il divario formativo. La sperimentazione della didattica a distanza ha tuttavia portato le scuole e le università a ragionare su nuovi metodi didattici, sperimentati già da diversi anni dalle università telematiche riconosciute dal MIUR, come l’Università Niccolò Cusano. Per avere un’idea dell’utilità dell’e-learning, si possono consultare le metodologie della migliore università con didattica online e conoscerne l’organizzazione del piano di studi.

Ha mostrato criticità anche lo smart working, che nel 2020 ha fatto registrare numeri altissimi, anche in conseguenza alle indicazioni contenute nei DPCM che prevedevano l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di attuare il lavoro agile almeno al 50%. Nel 2020 le aziende che hanno usufruito dello smart working sono state il 77%, secondo una ricerca Microsoft, ma solo il 22% degli italiani dichiarava nel 2019 di riuscire ad utilizzare in maniera corretta gli strumenti digitali e di essere in grado di produrre contenuti. E questa incompetenza è ovviamente ricaduta sulla produttività, ma soprattutto sulla riorganizzazione del lavoro. Lo smart working richiede diverse capacità per essere attuato nel modo giusto e tra queste c’è una corretta gestione del tempo. Il rischio è infatti quello di non separare vita privata e vita lavorativa. È inoltre fondamentale mettere a disposizione del personale strumenti di valutazione delle performance che non implichino il costante controllo del “capo”, ma che si basino sul raggiungimento di obiettivi prefissati.

I vantaggi

Nonostante le criticità evidenziate, sia la DAD sia lo Smart Working hanno però dato vita ad un cambiamento importante nell’istruzione e nel lavoro e hanno aperto a nuove possibilità. Gli istituti scolastici, grazie anche ai contributi dello stato, sono riusciti a dotarsi di device avanzati e reti veloci e si sono aperti a nuove metodologie didattiche che stanno stimolando una riprogrammazione delle attività scolastiche e delle materie di studio.

Per quanto riguarda lo smart working, come riferisce il documento di monitoraggio del lavoro agile del Ministero della Pubblica Amministrazione , per il 91% dei dipendenti l’esperienza è pienamente o abbastanza soddisfacente e il 73% ritiene che ci siano stati aumenti della produttività. Le aziende private nello smart working intravedono la possibilità di ridurre i costi per gli spazi e di ottimizzare la gestione delle risorse, e questo è molto importante anche per ridurre l’inquinamento e l’intasamento delle città, perché un maggiore accesso allo smart working limiterebbe le cosiddette ore di punta nei grandi centri, con positive ricadute sull’ambiente e sul benessere personale.