Performance da Oscar per Julianne Moore nella parte di una rinomata professoressa di linguistica nel film di Richard Glatzer e Wash Westmoreland, tratto dal bestseller Still Alice dell’autrice esordiente Lisa Genova, libro pubblicato nel 2009 e rimasto per quaranta settimane al quinto posto nella classifica dei bestseller del New York Times. A cinquant’anni, Alice Howland ha tutto: una cattedra di linguistica presso la Columbia University, un marito amorevole e tre figli stupendi. La sua vita si divide tra la famiglia e il lavoro. Quando Alice si reca a Los Angeles per tenere una lezione presso l’Università UCLA, le accade qualcosa di inaspettato. A metà di una frase dimentica un termine importante e resta ad aspettare imbarazzata di trovare un sinonimo. E’ una cosa piuttosto insolita per un professore del suo calibro. Dopo aver trascorso del tempo accanto alla figlia Lydia, che aspira a diventare un’attrice nonostante la riluttanza della madre, Alice fa ritorno a New York. Qui, le capita un secondo episodio inquietante: mentre fa il suo solito jogging attorno al campus universitario, perde del tutto conoscenza. Inizia così a vedere un neurologo che le prescrive una serie di test. Lei è convinta di avere un tumore al cervello, mentre il dottore avanza un’ipotesi ancor più devastante: Alzheimer precoce. I test confermano l’ipotesi, e Alice dà la notizia della malattia al marito John e ai tre figli. Nelle settimane successive, Alice deve affrontare le conseguenze che la sua malattia ha sul suo matrimonio, sulla sua famiglia e sul suo lavoro.
Il film esplora il dolore di una donna realizzata e distrutta allo stesso tempo. Alice, abituata a lavorare con la lingua, la comunicazione e l’articolazione delle parole, diventa a poco a poco estranea a ciò che per lei era più familiare. E’ sempre lei, ma non è più la stessa, perde ciò che le appartiene. Perde la memoria, l’elemento che in assoluto meglio definisce la storia di un individuo. Perde l’identità. Eccezionale l’interpretazione della Moore, abituata a interpretare ruoli femminili di varia natura ed estrazione (in Hannibal di Ridley Scott era un’agente dell’FBI sulle tracce del rinomato serial killer, in I ragazzi stanno bene di Lisa Cholodenko era una madre lesbica che si sottopone a inseminazione per crescere un figlio insieme alla sua compagna). Una delle attrici più carismatiche e versatili dei nostri giorni, famosa per memorabili performance sia in commedie che in film drammatici sul piccolo e sul grande schermo, tanto in blockbuster che in film indipendenti, la Moore, quattro volte candidata all’Oscar, questa volta si cala nei panni di un personaggio forte e brillante. Alice, infatti, combatte una battaglia commovente e ammirevole per cercare di rimanere legata alla persona che era una volta. Accanto a lei, un marito che la sorregge, interpretato da Alec Baldwin, abituato ad affiancare attrici dalla personalità prorompente (Meryl Streep in E’ complicato di Nancy Mayers e Cate Blanchett in Blue Jasmine di Woody Allen). Nel ruolo dei figli, Kristen Stewart, artisticamente più matura rispetto agli esordi nella saga di Twilight, Hunter Parrish, più noto a Broadway per aver preso parte ad alcuni musical di successo, e Kate Bosworth, già vista in Superman Returns nel ruolo di Lois Lane.