Tendiniti e lesioni tendinee, un problema di salute che interessa una percentuale molto alta della popolazione, secondo recenti studi l’incidenza delle tendinopatie è di 18 casi ogni 1000 abitanti. Le ricerche hanno evidenziato che il 50% delle tendinopatie è secondario ad attività sportiva e a sovraccarico. Di solito, la tendinite si verifica in età media o avanzata, quando i tendini si indeboliscono e sono più predisposti alle lesioni e alle infiammazioni, si manifestano anche nei soggetti giovani che si sottopongono ad attività fisica intensa. Come è possibile curarle?
In particolare, nelle lesioni tendinee è necessario un approccio chirurgico o è possibile un Trattamento Conservativo? Lo abbiamo chiesto al Dott. Riccardo Foti, Chirurgo Ortopedico e Traumatologo a Roma, Medico nello Staff della Federazione Italiana Scherma.
Dott. Foti, può spiegare cosa sono le tendiniti, quali le cause e le sedi colpite?
“Per tendinite s’intende un’infiammazione acuta della struttura tendinea, che nella fase infiammatoria raramente porta alla lesione dei tendini stessi.
Le tendiniti o tendinopatie nello sport colpiscono con maggiore frequenza le spalle, i gomiti, le mani i polsi, le ginocchia e le caviglie.
La causa principale è rappresentata da sollecitazioni ripetute che determinano l’infiammazione delle fibre tendinee. Talvolta l’infiammazione è causata da trauma, ma può essere collegata anche a particolari conformazioni delle articolazioni, ad esempio le deviazioni articolari del ginocchio e della caviglia come nel caso del ginocchio e del calcagno valgo. tra le cause anche l’eccesso di peso può svolgere un ruolo importante. Nello sport sono molto frequenti, poiché le sollecitazioni di un distretto anatomico sono enormi e spesso non sono seguite da un sufficiente recupero o riposo. La tendinite del gomito è tipica del tennis, del baseball e anche della scherma. Le tendiniti del ginocchio tra l’altro, nella pallavolo, nel basket e in tutti gli sport di salto. La spalla è coinvolta negli sport di lancio. La caviglia nei runner anche non professionisti, l‘articolazione pubica nel calcio e così via. Ogni sport ha dei distretti anatomici più sollecitati di altri proprio per il tipo di attività svolta. Alcune volte l’insorgenza di tendiniti è favorita dalla concomitanza di malattie sistemiche e metaboliche come l’artrite reumatoide, la gotta, il diabete e l’ipercolesterolemia. Alcune terapie farmacologiche tra cui alcuni antibiotici, in particolare i fluorochinolonici, possono favorire lo sviluppo di infiammazioni tendinee con possibili rotture”.
Quali sono i sintomi prevalenti e i tempi di guarigione?
“Il sintomo principale è il dolore che nelle fasi iniziali si manifesta in particolare all’inizio e al termine dell’attività fisica, successivamente diviene più intenso e costante anche durante l’attività.
Le manifestazioni cliniche oltre al dolore comprendono: tumefazione (gonfiore), calore, arrossamento e talvolta anche ispessimento della struttura del tendine.
Nella maggior parte dei casi le tendiniti guariscono in circa sei settimane e per le forme croniche ci possono volere anche sei mesi. Spesso questi tempi sono difficili da gestire negli atleti professionisti e agonisti”.
Come si arriva alla diagnosi?
“La diagnosi si basa su esami strumentali quali l’ecografia e la risonanza oltre ovviamente ad una corretta e approfondita anamnesi e valutazione clinica. Importante, è anche la diagnosi differenziale con le tenosinoviti, ovvero, l’infiammazione della guaina sinoviale al cui interno scorre il tendine (non tutti i tendini ne sono provvisti). Questa guaina si presenta dunque ispessita per fenomeni degenerativi e infiammatori. A causa dell’ispessimento della guaina, il tendine può non scorrere bene e quindi verificarsi il cosiddetto “dito a scatto” che interessa i tendini flessori delle dita della mano.
La tenosinovite colpisce soprattutto i tendini della mano e del piede, a livello del polso, delle metacarpo falangee e del collo piede e altro”.
Dott. Foti, come si curano le tendiniti?
“Il riposo è sicuramente il primo rimedio insieme all’applicazione di ghiaccio e alla compressione. Esistono inoltre dei mezzi fisici che mirano alla migliore e più rapida guarigione come gli ultrasuoni, il laser, la tecar, le onde d’urto e altro.
I farmaci antinfiammatori sono spesso utilizzati soprattutto in prossimità di impegni agonistici importanti per ridurre il dolore che frequentemente altera, peggiorando la qualità della prestazione agonistica; occorre comunque prestare molta attenzione ad un uso eccessivo di FANS per i possibili effetti collaterali ben noti.
Un riposo non sufficiente, insieme alla persistenza degli agenti nocivi e in particolare delle sollecitazioni in sovraccarico determinano una evoluzione delle tendiniti in tendinosi, ovvero in una forma cronica la cui caratteristica è anche quella di vedere la struttura anatomica del tendine modificarsi perdendo le caratteristiche di elasticità e resistenza peculiarità dei tendini sani.
Alcuni consigli per cercare di prevenire l’infiammazione o ridurre la gravità di eventuali recidive sono:
Iniziare nuove attività o programmi di esercizio lentamente;
Aumentare l’attività gradualmente, dopo varie sessioni ben tollerate;
Fare attività fisica regolare;
Rinforzare i muscoli intorno all’articolazione;
Fare pause frequenti nel caso di attività ripetitive;
Interrompere attività che causano dolore;
Ammortizzare l’articolazione colpita;
Usare protezioni per il ginocchio o i gomiti.
Aumentare la superficie di presa delle racchette o delle mazze da golf
Prendere gli strumenti pesanti con due mani e, a tennis, fare il rovescio a due mani;
Non stare seduti fermi per lunghi periodi.
Allenarsi a mantenere una postura corretta e fare attenzione a mantenere una posizione adeguata durante le attività quotidiane;
In caso di storia di tendinite, richiedere eventualmente un parere medico o fisioterapico prima di intraprendere esercizi specifici di rinforzo ma soprattutto allungamento (stretching)”.
Quando si rompono i tendini?
“Solo raramente un tendine sano può subire una rottura acuta da sovraccarico. I tendini sani, se sottoposti a tensioni eccessive, sono infatti talmente resistenti da lacerare il muscolo o il segmento osseo a cui sono attaccati. Se invece il tendine è indebolito da continui microtraumi, la sua resistenza diminuisce poco a poco rendendolo più suscettibile alle lesioni, ovvero in caso di tendiniti croniche o tendinosi.
La tendinite cronica è favorita dal ridotto flusso di sangue al tendine. Una bassa vascolarizzazione diminuisce, infatti, l’apporto di ossigeno e nutrienti rallentando i processi riparativi e favorendo quelli degenerativi. In questi casi, la risposta infiammatoria è ridotta o assente e la malattia tende a cronicizzare: si parla pertanto di tendinosi. Questo quadro patologico colpisce frequentemente il tendine d’Achille ma anche la spalla specialmente a 1-2 centimetri dalla sua inserzione sulla testa dell’omero, un punto in cui la vascolarizzazione è fisiologicamente molto ridotta.
Anche l’invecchiamento e le variazioni ormonali favoriscono l’instaurarsi della patologia tendinea cronica. In particolare, gli atleti più anziani che riprendono gli allenamenti dopo un lungo periodo di stop, sono maggiormente soggetti a lesioni tendinee complete come le rotture; questo perché nel tempo le ripetute infiammazioni e la riduzione del flusso sanguigno ai tendini favoriscono la tendinosi, ovvero il sovvertimento della struttura del tendine che perde le sue caratteristiche di resistenza ed elasticità, con conseguente rottura completa talvolta anche per sollecitazioni modeste. E’ importante tenere sempre presente che con il passare degli anni tendini e muscoli perdono elasticità, diventando più sensibili agli eventi traumatici. La tendinosi si manifesta quando i tendini iniziano a deteriorarsi, presentando piccole zone o singole fibre di collagene disorganizzate. Sebbene il trattamento possa essere difficile, per quanto riguarda la tendinosi, le prospettive di guarigione a lungo termine sono buone. Circa l’80% delle persone con tendinosi ha un completo recupero in 3-6 mesi.
La tendinosi che non viene curata può portare a rotture dei tendini, quindi la diagnosi e il trattamento precoci sono cruciali.
Tra le più note tendinopatie inserzionali (in corrispondenza dunque dell’inserzione del tendine all’osso) troviamo quella che colpisce il tendine d’achille e il tendine rotuleo. A questi vanno aggiunti i tendini che si inseriscono sull’epicondilo (si ha dunque quella che è comunemente chiamata epicondilite), i tendini che si inseriscono sull’epitroclea (epitrocleite), i tendini adduttori dell’anca (la tendinopatia degli adduttori può essere una causa della pubalgia), i tendini extrarotatori della spalla (cioè quelli della “cuffia dei rotatori”, coinvolti in quella che veniva una volta chiamata periartrite scapolo-omerale).
I problemi al tendine sono più comuni negli adulti che negli anziani perché le articolazioni diventano meno flessibili man mano che una persona invecchia. Le persone con condizioni articolari come l’artrite possono anche essere più inclini alla tendinosi”.
Quali sono i sintomi delle tendinosi?
“I sintomi più comuni di una tendinosi sono:
dolore bruciante localizzato e gonfiore attorno al tendine
dolore che peggiora durante e dopo l’attività
rigidità articolare
limitazione dei movimenti
dolore che persiste per diversi mesi”.
Quale la prevenzione e il trattamento?
“ll riposo e la terapia fisica possono accelerare il processo di recupero e migliorare le prospettive a lungo termine.
I tendini di solito impiegano molto tempo per guarire, quindi i trattamenti per la tendinosi mirano ad accelerare i naturali processi di guarigione del corpo.
Ricerche recenti hanno evidenziato che la vitamina C e gli integratori di curcumina possono aiutare a favorire la produzione di collagene e accelerare la guarigione.
Per prevenire la tendinosi è consigliabile effettuare sempre esercizi di riscaldamento prima di iniziare un’attività che coinvolga movimenti articolari ripetitivi e ricordarsi di indossare scarpe adeguate.
Eliminare totalmente il rischio di tendinosi è impossibile; è possibile, però, ridurlo in modo più che apprezzabile, avendo cura di prendere delle pause da tutte quelle attività motorie che incidono sulla salute dei tendini del corpo umano.
Con la terapia appropriata, la tendinosi può guarire; tuttavia, serve pazienza e il rispetto delle indicazioni mediche. Trascurare una tendinosi allunga i tempi necessari alla guarigione del tendine danneggiato.
Le fibre di collagene danneggiate o disorganizzate si induriscono e sviluppano tessuto cicatriziale, che può ridurre la mobilità.
Sebbene abbia sintomi simili alla tendinite, la tendinosi è considerata una condizione più grave. Provoca danni ai tendini a lungo termine ed è più difficile da trattare”.
Dott. Foti, cosa è possibile fare se il Trattamento Conservativo risulta inefficace?
“Se la terapia conservativa della tendinosi risulta inefficace esistono trattamenti più invasivi o meno convenzionali, quali:
L’intervento chirurgico per la riparazione del tendine danneggiato o interventi che mirano a rivascolarizzare la struttura tendine dopo aver rimosso il tessuto degenerato e inefficace. La chirurgia è di aiuto soprattutto in presenza di gravi tendinosi.
L’iniezione di cortisonici in un punto limitrofo al tendine danneggiato è un’opzione terapeutica che solleva forti discussioni presso gli addetti ai lavori e sempre più in disuso, in quanto in alcune situazioni potrebbe essere più dannosa che benefica (sembra che rallenti la produzione di collagene, malgrado sia spesso utilizzata perché efficace sul dolore.
L’iniezione di plasma ricco di piastrine e quindi di fattori di crescita, sempre di più appare come una terapia efficace per il recupero rapido nelle patologie tendinee e in particolare quelle dello sportivo.
Efficace è anche la terapia infiltrativa di ossigeno-ozono, in grado di ridurre l’infiammazione rivascolarizzare la struttura tendinee accellerandone la guarigione. Inoltre l’ossigeno-ozono terapia ha costi generalmente più contenuti ed è priva di effetti collaterali.