Via libera al Premierato

Meloni "Basta giochi di palazzo, si a democrazia e stabilità"

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Palazzo Madama, Senato della Repubblica

La riforma del Premierato passa al Senato. Un primo sì del Senato al ddl di riforma costituzionale che prevede l’elezione diretta del presidente del Consiglio. I voti a favore sono stati 109, i contrari 77, un solo astenuto, il senatore delle autonomie Durnwalder.  Il testo passa ora alla Camera per la seconda delle quattro letture previste.

“La madre di tutte le riforme” per la premier Meloni, che commenta con soddisfazione su X: ‘’Un primo passo in avanti per rafforzare la democrazia, dare stabilità alle nostre Istituzioni, mettere fine ai giochi di palazzo e restituire ai cittadini il diritto di scegliere da chi essere governati”.

Uno storico traguardo, che segna un passo decisivo verso un rafforzamento decisivo della democrazia. La novità principale, come noto, è l’introduzione in Costituzione dell’elezione diretta del presidente del Consiglio. Una missione che si era posto ai tempi anche da Berlusconi, e che  Giorgia Meloni  sta portando a compimento.

Il disegno di legge prevede, tra le tante novità, l’elezione diretta del presidente del Consiglio da parte dei cittadini per un mandato di 5 anni, allineato con la durata delle Camere. Per il premier c’è un limite di due mandati consecutivi, tre se ha ricoperto l’incarico per meno di 7 anni e mezzo in totale. Le modalità di elezione del presidente del Consiglio però non sono state stabilite, rinviando a una futura legge elettorale. Il Capo dello Stato non sarà più responsabile della nomina del premier dopo le consultazioni, ma gli conferirà solamente l’incarico a seguito delle elezioni. Conserverà invece,  il potere di nomina dei ministri su indicazione del capo del governo. In caso di caduta del premier, potrà chiedere due volte la fiducia alle Camere: se non la ottiene si tornerà al voto. Prevista dalla legge, però, la possibilità che il capo dello Stato possa affidare l’incarico di governo a un altro parlamentare senza sciogliere le Camere. L’incaricato però dovrà  essere stato candidato in collegamento al premier originariamente eletto, con possibilità di successione, di una sola  volta a legislatura.   Eliminata anche la possibilità del capo dello Stato di nominare senatori a vita. Gli attuali però, manterranno il loro incarico.

Una riforma cardine del governo Meloni, che mira a rafforzare un concetto chiave, ovvero il principio della democrazia, la sovranità che appartiene al popolo.

Le opposizioni, come era prevedibile,  si sono scagliate contro il provvedimento, lamentando un pericoloso stravolgimento della Costituzione. Durante le votazioni  i senatori della minoranza dai banchi sventolano il testo della Costituzione, lo stesso fanno gli esponenti della maggioranza perché, come ricorda La Russa in chiusura d’aula, “la Costituzione rappresenta tutti dal primo all’ultimo articolo, compreso il 138”. “L’Italia ha un problema di stabilità dalla notte dei tempi, la durata media di governi è di un anno. Noi ci siamo assunti la responsabilità di risolverlo, con una proposta rischiosa, ma non volteremo mai le spalle ai cittadini italiani”.